Un modo geniale di fare i conti con il proprio passato.
The New York Times
Una giovane donna, da anni residente negli Stati Uniti dove è felicemente coniugata con un ebreo americano, intraprende un temerario cammino di ricerca, inizialmente quasi per caso, ma poi con serietà e caparbietà, che a tratti si tinge di venature nostalgiche e romantiche verso le proprie radici tedesche, la sua famiglia d’origine, i suoi nonni, la sua Heimat (parola tedesca intraducibile, ma che potrebbe avvicinarsi al nostro concetto di “patria”). Comincia a setacciare archivi, collezionare foto, scovare cimeli, rievocare memorie per ricostruire fedelmente le vicende della sua famiglia e comprendere che ruolo essa abbia avuto durante il Nazismo. Si scontra con le forti resistenze, non solo della sua famiglia, ma di tutti i tedeschi, nel rievocare un passato di cui ci si vergogna e che si preferisce dimenticare. Il risultato è una graphic novel di grande efficacia narrativa, per molti aspetti poetica e commovente, che merita certamente di essere letta e gustata con tempi lunghi e rilassatezza, per meditare senza fretta.
Ho fatto la scoperta di Nora Krug e del graphic novel nel 2019, allorché la carissima collega Anna Paola Bottoni mi segnalò una bella iniziativa promossa dalle Biblioteche di Roma che si sarebbe svolta al Goethe Institut. Era la presentazione di una mostra sull’arte di Nora Krug e, ovviamente, la presentazione del suo strepitoso graphic novel intitolato Heimat.
È stato proprio in quest’occasione che ho scoperto Nora Krug, un’autrice e illustratrice tedesco-americana, di cui allora non conoscevo praticamente nulla.
Ho quindi appreso che Nora Krug era nata nel 1977 a Karslruhe, in Germania, in una famiglia piccolo-borghese. Dopo aver frequentato nel suo paese una scuola media e superiore specializzata per la musica classica, ha poi scelto di intraprendere la carriera nel disegno presso il Liverpool Institute for Performing Arts. Si è poi trasferita negli USA per perfezionare i suoi studi.
Ritornata brevemente in Europa per studiare comunicazione visiva presso l’Università delle Arti di Berlino, è rientrata in Nord America per conseguire il Master in Belle Arti presso la School of Visual Arts. Successivamente ha ottenuto la cattedra come professore associato di illustrazione alla Parsons School of Design di New York City. In qualità di professore associato di illustrazione presso il suddetto Istituto, nel 2013 ha ricevuto una borsa di studio Guggenheim e nel 2014 una borsa di studio Sendak. Ha anche ottenuto una medaglia d’oro dalla Society of Illustrators per il suo libro Shadow Atlas, an Encyclopedia of Ghosts.
È proprio durante i suoi studi a New York che Nora inizia il proprio personale travaglio: comincia a vergognarsi di essere tedesca e del suo paese d’origine, perché come ha affermato in un’intervista, “Non appena rispondi a qualcuno che ti chiede da dove vieni, il legame con il periodo nazista è lì. Sei costantemente posta a confronto con esso”.
È proprio all’estero Nora è costretta a confrontarsi con i pregiudizi nei confronti dei suoi connazionali, con gli stereotipi negativi nei confronti dell’identità culturale tedesca e soprattutto con il senso di colpa che fin da bambina si portava dietro.
Superato il primo istinto, quello di negare di essere tedesca (ad esempio, una sua zia le consigliava di presentarsi come olandese), si trovava in difficoltà quando le venivano poste domande dirette sulla sua storia familiare, di cui non era a conoscenza. Nora in seguito ha raccontato: “Sentivo un crescente bisogno di affrontare la storia del mio paese in un modo nuovo. Mi sono resa conto che per superare la vergogna collettiva e astratta in cui ero cresciuta come tedesca due generazioni dopo la guerra, dovevo tornare indietro e fare domande sulla mia famiglia, la mia città natale”.
Dopo aver sposato un ebreo americano, inizia a ricercare e registrare adeguatamente la storia della sua famiglia durante la seconda guerra mondiale. Nora quindi torna in Germania per fare ricerche negli archivi e intervistare i membri della sua famiglia sulla loro storia e in particolare durante la seconda guerra mondiale.
Da bambina era stata profondamente turbata nel trovare la propaganda nazista nei quaderni delle elementari di un suo zio, morto in guerra a diciotto anni. Dopo ulteriori indagini, scopre che anche suo nonno materno Willi Rock, un istruttore di guida a Karlsruhe, nel 1933 era divenuto membro del partito nazista.
Questa ricerca sta sostanzialmente alla base del graphic novel Heimat, di cui vi parlerò, ma naturalmente non vi svelerò le conclusioni. Nora Krug infatti ha raccolto il risultato delle sue ricerche e delle sue riflessioni in un graphic novel il cui titolo inglese è Belonging: A German Reckons with History and Home (Appartenenza: un tedesco fa i conti con la storia e la casa), ma il titolo in tedesco è Heimat. Nella traduzione italiana, curata da Giovanna Granato, è stato conservato il vocabolo Heimat, ma con il sottotitolo L’album di una famiglia tedesca, che a me non è sembrato felicissimo, perché forse un po’ fuorviante.
In seguito Nora ha affermato in un’intervista di aver illustrato e scritto il suo romanzo grafico anche come un modo per contrastare gli stereotipi negativi che ha incontrato a New York e forse anche con l’obiettivo di cercare di educare il pubblico americano.
Particolarmente felice, poi, da parte di Nora è stata la scelta del graphic novel: tutti i disegni sono suoi e sono stati realizzati con una tecnica particolare che sarebbe troppo lungo e complesso spiegare in questa sede, anche perché non necessiterebbero adeguate competenze.
Ad un primo superficiale sguardo, infatti, in alcuni casi le illustrazioni potrebbero sembrare disegni infantili, fumetti alla buona. Si tratta ovviamente di un effetto voluto: per lei è stato come voler ricreare la sua infanzia, ritornare indietro, cioè, a quando era una bambina ingenua, ma anche molto curiosa.
Per me, che non sono certo un esperto di questo genere letterario, è stata comunque una gradita scoperta e, anche per me, un ritorno al passato. Da bambino, infatti, ero un insaziabile divoratore di fumetti e, grazie anche ai grandi disegnatori che l’Italia ha avuto in passato, ho amato molto gli aspetti artistici di questo genere e le grandi opere che circolavano quando ero ragazzo. Poi però crescendo i miei interessi si sono rivolti altrove. Per questo, ripeto, per me è stata una gradita scoperta: è stato come ritornare ragazzo, e scoprire, però, che il fumetto può e deve essere considerato una vera e propria forma d’arte. Molto apprezzata all’estero, ma diffusa anche da noi in Italia, dove anche oggi possiamo annoverare artisti di notevole spessore: basti pensare, ad esempio, a Zerocalcare, tanto per fare un nome recente. Questi artisti e le loro opere sono molto apprezzati da tutti, giovani e meno giovani.
Naturalmente Nora Krug non ha inventato il graphic novel: si tratta di un genere ha una lunga storia alle spalle che non è opportuno affrontare in questa sede. Nora Krug certo con la sua preparazione e i suoi studi, quando ha intrapreso la sua opera era pienamente a conoscenza della storia di questo genere e, ovviamente, si è ispirata ai grandi maestri che l’hanno preceduta.
Per Nora Krug Heimat è stato il libro che l’ha resa famosa. L’accoglienza internazionale per il suo lavoro è stata strepitosa: Heimat è stato eletto miglior graphic novel 2018 dal Guardian, da Comics Beat e dal New York Times. Ha vinto inoltre il National Book Critics Circle Award nella categoria Autobiografie e il premio come illustratrice dell’anno per il Moira Gemmill Prize del Victoria and Albert Museum.
Per questi motivi consiglio vivamente la lettura di questo libro a tutti, ai giovani, ma soprattutto ai meno giovani. A una certa età, infatti, superata l’età giovanile, quando si hanno meno anticorpi e si è tutti più vulnerabili, ognuno noi dovremmo fare i conti con la sua storia personale e innanzitutto con le sue radici. È non bisogna aver paura, perché, come ha dimostrato Nora Krug, fare i conti con il proprio passato non può che farci bene. Ma per intraprendere questa ricerca bisogna aver coraggio, caparbietà e magari tempo libero: i risultati potrebbero essere sorprendenti.
Prof. Amito Vacchiano